Walter Bonatti, pioniere dell’estremo

Definire quale personaggio incarni meglio il concetto di avventura a trecentosessanta gradi è difficile. Oggigiorno ci sono centinaia di uomini e donne che compiono imprese straordinarie e, anno dopo anno, quei limiti che sembravano insuperabili vengono abbattuti. C’è però un’eccezione rappresentata da un autentico gigante della montagna: Walter Bonatti.

Indirettamente collegato a Casalmaggiore perché partecipò alla controversa ma vittoriosa spedizione italiana sul K2 (8609 mt) del 1954 insieme ad Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, primi uomini a conquistare la vetta che furono ospiti di mio nonno a casa mia in una riuscita serata del Club Alpino da lui organizzata. La spedizione controversa dicevo: vittoriosa ma per decenni avvolta da ombre di cui fu protagonista proprio Walter Bonatti con scambi di accuse, processi, riabilitazioni, polemiche e tutto quanto ne seguì.

Innanzitutto: chi era Bonatti? Soprannominato “Il Re delle Alpi” nacque nel 1930 a Bergamo ed iniziò giovanissimo, diciotto anni appena, a dedicarsi all’alpinismo. Prediligeva le imprese estreme, in solitaria, volto totalmente alla ricerca di soluzioni ai grandi problemi delle scalate più difficili e famose portando sempre più avanti il sottile limite tra possibile ed impossibile. Iniziò sulle Prealpi lombarde e poco dopo conquistò varie cime nel gruppo del Monte Bianco come l’Aiguille Noire de Peuterey e la parete nord delle Grandes Jorasses o la parete nord ovest del Pizzo Badile fra Italia e Svizzera. Particolarmente significativa la conquista del Grand Capucin sulle Alpi Graie, effettuata in diversi tentativi in condizioni estreme dovute al maltempo ma che gli fruttarono la prima vera via alpinistica chiamata col suo nome.

Nel 1953 affrontò, d’inverno le pareti nord della Cima Ovest di Lavaredo e della Cima Grande. Nello stesso anno compì la salita del Cervino aprendo una via diretta sotto la cresta del Furggen. Sul Cervino, montagna che amava profondamente, tornò in solitaria molto spesso. Aprì numerose nuove vie in Val Masino, salì il Monte Bianco attraverso il canalone nord del Colle del Peuterey e completò la salita del Pizzo Palù. Nel 1954, dopo il conseguimento del brevetto di Guida Alpina, partecipò alla spedizione al Karakorum che oltre alla conquista della seconda cima del mondo provocò notevoli contrasti.

Impossibile riuscire a riassumere i fatti per la loro complessità; per farla breve, secondo la relazione ufficiale del capo spedizione Ardito Desio il comportamento sconsiderato di Bonatti nell’assistenza a Lacedelli e Compagnoni rischiò di provocare ripercussioni gravi agli alpinisti mentre la versione di Bonatti parlava di cambi di programma non concordati da parte dei due scalatori nel posizionamento dell’ultimo campo al quale stava portando le bombole di ossigeno per la conquista della vetta. Indipendentemente dalla versione, la vicenda rischiò di trasformare il gran finale in una tragedia poiché Bonatti e l’alpinista pakistano Amir Mahdi dovettero trascorrere un’intera notte a quota ottomila scavando una buca in mezzo ad una tempesta di neve. Al rientro poi non si poté parlare della questione per motivi contrattuali ma già a partire dal ’56 Bonatti rivelò la sua verità tramite la pubblicazione di articoli e libri dando inizio ad una battaglia legale che si concluse solamente poco più di cinquant’anni dopo quando il Club Alpino Italiano nel 2008 pubblicò una relazione rivedendo la propria posizione ed accogliendo buona parte delle tesi di Bonatti.

Superato lo scoglio del K2, il Re delle Alpi continuò la propria attività dedicandosi nuovamente al massiccio del Monte Bianco con lo Sperone della Brenva nel 1956 sul quale si consumò un’altra pericolosa peripezia a causa del maltempo. Nonostante le disavventure, dal ’57 si stabilì a Courmayeur da dove, dopo un periodo di convalescenza, conquistò la Grand Pilier d’Angle aprendo tre nuove vie. Nel 1958 si dedicò alle grandi spedizioni recandosi in Patagonia dove scalò numerose cime fra cui il Cerro Grande, in competizione con un’altra cordata trentina capeggiata da Cesare Maestri e nuovamente nel Karakorum dove salì senza ossigeno il Gasherbrum IV (7925 mt) insieme a Riccardo Cassin.

Nel 1961 conquistò diverse cime sulle Ande peruviane. L’ultima grande impresa di Bonatti fu nel 1965 la parete nord del Cervino: in cinque giorni percorse milleduecento metri verticali scalati in solitaria invernale, aprendo una nuova e difficilissima via che ad oggi vanta pochissime ripetizioni fra cui quella effettuata in solitaria nel 1994 di Catherine Destivelle, nota free climber francese e quella dell’alpinista svizzero Ueli Steck del 2006. La salita del Cervino valse a Bonatti la Medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica ma subito dopo si ritirò dall’alpinismo estremo preferendo dedicarsi all’esplorazione ed alla scoperta della natura.

I suoi reportage avventurosi furono pubblicati, insieme a splendide fotografie sul settimanale Epoca con cui collaborò per circa quindici anni. Le motivazioni che lo spinsero a questa scelta di campo furono molteplici. Sicuramente la più importante, oltre al desiderio intimo di trovare una nuova ragione di vita, fu quella di offrire a quante più persone possibili le esperienze che altrimenti non avrebbero mai potuto sperimentare nei luoghi più inaccessibili e affascinanti del pianeta.

Klondike, Yukon, Tanzania, Uganda, Orinoco, foresta Amazzonica, Sumatra, Capo Horn, Antartide sono solo alcuni dei territori da lui esplorati, quasi sempre in solitaria. Nel 1978 poi ritornò in Sudamerica e scoprì le mitiche sorgenti del Rio delle Amazzoni. Walter Bonatti fu alpinista ed esploratore ma anche un prolifico scrittore con all’attivo diversi volumi pubblicati, molto apprezzato per lo stile narrativo anche da Dino Buzzati. Nella vita privata fu legato fino alla morte, avvenuta nel 2011 a Roma, con l’attrice Rossana Podestà.

Marco Vallari

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