Viadana, Palafarina: Il caos e l’attesa

Non serve una grande immaginazione per disegnare un orizzonte nel quale il PalaFarina di Viadana sarà uno dei temi cardine della battaglia elettorale, che proprio nel comune mantovano principale del comprensorio Oglio Po andrà in scena il prossimo maggio. Ma a noi della bagarre politica interessa poco, in questo momento. Quel che conta è provare a capire quali saranno le sorti del Palazzetto di Viadana costruito nel 1996, crollato l’8 febbraio 2015 sotto i colpi della nevicata ribattezzata Big Snow e che a marzo 2019 doveva essere consegnato “fatto e finito”. Invece ad oggi – novembre 2019 – siamo soltanto al 44% dell’opera totale.

Dato che siamo partiti con i numeri, completiamo il discorso su questo fronte, prima di addentrarci nel nocciolo più caldo della questione. Da queste colonne, a dicembre 2017, ricordavamo la delibera numero 770 del 30 novembre di quell’anno, nella quale il PalaFarina era finito in blocco, col suo quadro economico, nel fondo pluriennale vincolato. Ciò significa che tale investimento non doveva andare a incidere sul piano opere pubbliche dal 2018 al 2020. In totale si parlava di un’opera da 2 milioni e 700mila euro: 1 milione e 100mila euro in arrivo dall’assicurazione per il crollo del palazzetto, 400mila euro dalla Regione Lombardia a fondo perduto e 1 milione e 200mila euro da risorse comunali di avanzo.

Scrivevamo su quel numero di Sportfoglio testuali parole: “Il 30 dicembre 2017 i lavori devono essere consegnati alla ditta che li eseguirà: a quel punto, presumibilmente col meteo favorevole, le due aziende potranno mettersi all’opera con l’impegno di terminare l’opera per il 1° agosto 2019. C’è molto tempo, più di un anno e mezzo, ma il comune ha spiegato di avere tenuto tempi lunghi, nella speranza di poterli poi accorciare strada facendo con una gradita sorpresa per tutti. In tal senso, va detto che nel ribasso d’asta del 5% a livello di importo, la RTI veronese (Tieni Costruzioni e Camero Ferramenta, ndr) ha inserito anche un anticipo della consegna di 80 giorni, dunque all’incirca di tre mesi. Ecco perché il palazzetto potrebbe verosimilmente vedere la luce nella sua nuova forma già a maggio 2019”.

Non è andata come previsto – e come scritto – e qui arriviamo all’oggi. E in particolare alla lettera, una vera e propria bomba, del direttore dei lavori architetto Francesco Palumbo, che si è dimesso il 24 settembre 2019 (il comune parla di 30 settembre, ma poco cambia). Ricordiamo in aggiunta, prima di inoltrarci tra i meandri dello scritto, che non venne visto di buon occhio all’epoca il fatto che poche ditte prendessero parte al bando dinnanzi a una cifra così ingente e ovviamente capace di fare gola: le condizioni, evidentemente, non erano così vantaggiose o forse le richieste troppo stringenti, ma siamo ancora nel campo delle supposizioni.

Il documento giunto da Roma è una risposta dell’architetto al comune di Viadana e all’avvocato Nadia Zanoni. Palumbo è il direttore dei lavori che non solo spiega che le sue dimissioni sono motivate addirittura da reati penali commessi da terzi e dall’amministrazione pubblica, ma afferma anche di essere pronto ad un esposto per diffamazione e calunnia, precisando che la richiesta dell’avvocato Zanoni di produrre documentazione specifica sarebbe illecita e fuori legge.

Nel documento, pesantissimo, si parla di esercizio abusivo della professione di ingegnere, di dichiarazioni di falso in atto pubblico, di esercizio abusivo di un tecnico competente in materia acustica ambientale, di falso in atto pubblico per dichiarazioni mendaci, tra le altre cose: da qui la volontà di Palumbo di non presentare alcun documento per non rischiare di incorrere – spiega lo stesso – nel reato di concorso di colpa con la stessa amministrazione. Anche perché molti documenti richiesti sarebbe già in possesso, secondo Palumbo, dell’Ufficio Tecnico. Palumbo infatti avrebbe chiesto con atti depositati al comune di dare seguito agli accertamenti richiesti, che da prassi sono a capo dell’amministrazione appaltante, ma quest’ultima non avrebbe dato seguito alla richiesta, rendendosi così protagonista secondo lo stesso architetto del cosiddetto reato di culpa in vigilando e di culpa in eligendo, ossia nella verifica dell’idoneità dei professionisti e della loro scelta. Anche sulla richiesta nel progetto di una classe sismica superiore al dovuto vi sarebbe qualcosa da rivedere, specie a livello legale, ma i passaggi sono notevoli e vanno qui per forza di cose sintetizzati.

Sempre stando allo scritto di Palumbo, l’impresa ATI Tieni Costruzioni e Camero Ferramenta ha operato a suo piacimento, commettendo anche reati penali, rifiutandosi ad esempio di eseguire le prove di tenuta strappo sulla copertura obbligatorie per legge e inoltre tutte le opere di impermeabilizzazione, oltre al rifiuto di ordini di servizio con verbali scritti. Intanto, sempre dal documento, si accusa l’amministrazione di non avere sanzionato la condotta illecita di un ATI che doveva consegnare i lavori nel marzo 2019 e invece è arrivata, ad oggi, soltanto al 44% del progetto complessivo.

Cosa succede dunque adesso? Il rischio concreto è che possa essere revocato il finanziamento da Regione Lombardia, che è solo una piccola parte ma comunque necessaria per costruire l’accordo. Contando che sono passati già cinque anni dal crollo, e ancora non si è concluso nulla, il pensiero di dover ripartire da capo fa davvero venire i brividi: quanto tempo potrebbe rivelarsi necessario, a quel punto, per avere una struttura funzionante e funzionale? Altri cinque anni? O forse qualcuno in più? Le società sportive viadanesi non meritano un altro strazio in termini temporali.

L’amministrazione comunale ha tuttavia rassicurato di voler ripartire subito. E non da zero, da quello che già c’è: “E’ programmato – ha detto il sindaco in pectore Alessandro Cavallari – un sopralluogo presso il cantiere con i collaudatori, il RUP e l’impresa per definire lo stato di consistenza e i passaggi amministrativi per la ripresa delle lavorazioni (al momento di andare in stampa non sappiamo se il sopralluogo sia già avvenuto, ndr). Da tempo inoltre è stata richiesta una riunione con la Regione Lombardia per aggiornare la situazione e proseguire con l’accordo di programma in essere. Ad ora nessuna indagine risulta all’Amministrazione comunale, la quale è l’unica parte lesa in questa vicenda, dato che si è vista costretta a sospendere il cantiere a causa delle dimissioni improvvise, senza nessun preavviso, del direttore dei lavori, a dispetto di quanto previsto dal disciplinare di incarico. L’Amministrazione comunale pertanto si riserva di promuovere ogni azione legale, volta ad accertare eventuali responsabilità contrattuali ed extracontrattuali nell’esecuzione dell’opera, comprese quelle per violazione dei doveri di vigilanza e controllo in capo per legge alla direzione dei Lavori e a chiedere i relativi danni, inclusi quelli derivanti dalle dimissioni, ove ritenute illegittime”.

Giovanni Gardani

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