Tutti foglie d’uno stesso ramo
Martignana Po, ore 21. Devo uscire per fare alcune riprese per il TG. Preparo tutta la documentazione e quello che serve, prendo su mascherina e guanti. Non me ne sono rimaste tante, sto cercando di capire se posso disinfettarle e riutilizzarle. Tappe del giro di lavoro Gussola, Casalmaggiore e Sabbioneta. I sindaci hanno deciso di illuminare i comuni con il tricolore. Un segnale di speranza e di ‘normalità’ in un mondo in cui normale non è più niente. Poche macchine sulla provinciale, meno di dieci in mezz’ora di strada, e una decina anche i camion.
A Gussola, in piazza Comaschi, mi fermo per il primo video. Sulla strada non c’è nessuno. Nessuna persona a piedi, se si eccettua un anziano che esce per qualche secondo e solo per mettere fuori la spazzatura. Mi guarda un po’ straniato e poi si richiude dietro l’uscio di casa. Nel ritorno verso Martignana incrocio due ragazzini, non hanno più di 18 anni, su un’unica bici. Non capisco dove vadano, ma è l’unica violazione alla regola che trovo. L’unica che incontrerò in tutto il tempo in cui sono stato fuori.
Da Gussola a Casalmaggiore la provinciale è una striscia d’asfalto che si perde nella notte. In lontananza, l’unico suono che sento, è quello delle ambulanze. Ne conto tre in mezz’ora. Il suono delle sirene, a maggior ragione adesso, spegne il fiato. A Casalmaggiore c’è in piazza incrocio un unico ragazzo che passa veloce e se ne va verso via Favagrossa. Poche macchine parcheggiate, un silenzio irreale. Anche qui il palazzo municipale è illuminato.
Da Casalmaggiore, via Fontana, Motta San Fermo, Ponteterra, arrivo a Sabbioneta. La città ducale, nel buio della notte e senza nessuno in giro, sembra una città spettrale. Nessuno in giro, neppure di passaggio. La gente è in casa, almeno alla sera, quando le luci poi si accendono sulle strade, sta rispettando le direttive. Le notizie che arrivano parlano continuamente di contagiati, di persone in terapia intensiva, di decessi.
Torno a casa. Oggi sono stato fuori mezz’ora, giusto il tempo di questo servizio e 20 minuti per fare fare i bisogni al cane. Riguardo i messaggi di questi giorni. Uno dei miei contatti all’Oglio Po è a casa da qualche giorno, positiva al CoVid19. Si sta curando, e l’unica preoccupazione che ha è quella di curarsi alla svelta per poter tornare in fretta al lavoro. Un amico medico dall’estero – italiano come me – mi ha da poco mandato un messaggio. Tornerà presto in Italia a dar man forte ai medici del suo paese, ha già fatto domanda ed è in attesa del visto. “Non farlo sapere però, non voglio far preoccupare le persone che amo”. L’anziana vicina di casa dei miei, da qualche tempo in una casa di riposo, è morta nei giorni scorsi. Non ci sarà neppure il tempo per andarla a salutare.
La cronaca, nei tempi del CoVid19 è difficile da fare. Soprattutto per un ostinato come chi scrive, che qualche storia positiva ha voglia di raccontare, e non ne trova più. Tornerà il sole un giorno. Torneremo ad abbracciarci, a bere un caffé al bar in compagnia delle persone che amiamo e che vedevamo tutti i giorni. Torneremo a viaggiare, a fare foto nei campi e negli anfratti di golena. Torneremo forse a sorriderci, senza maschere. Torneremo un giorno a farci compagnia.
Torneremo con una consapevolezza nuova – ed è questa la speranza – che in questo mondo o impariamo a rispettare la natura, a muoverci tutti insieme, a fare in modo che la lezione sia servita quantomeno a comprendere che nessuno è immune, che siamo tutti fatti di carne e sangue e non v’è differenza alcuna di colore, etnia, religione, costume, tradizioni, che da certe cose o se ne esce insieme o non se ne esce, che il mondo comprende tutti, e non ci sono più fortunati o più sfortunati o non avremo poi di che essere felici.
Al momento la speranza di rivedere il sole è solo una flebile speranza in un oceano d’angoscia di cui non si vede il fondo. Ma resiste. Insieme alla consapevolezza che dobbiamo e tutti, sacrificare un poco della nostra libertà per la libertà di tutti, almeno per ora e sino a quando servirà. A cinquant’anni, e in dieci giorni, ho passato più tempo a casa di quello che in genere passo in tre mesi. Di positivo c’è che poi, in fondo, sto riscoprendo che oggi, nessuno resta solo sino in fondo. Che la solidarietà corre di casa in casa, grazie al volontariato, ai commercianti e ai comuni che sono chiamati a rispondere alle esigenze di tutti in un periodo difficilissimo e lo stanno facendo in maniera egregia. Che, almeno in parte, la ‘cattiveria’ dei social del precoronavirus si è sciolta, anche se permangono alcune sacche di resistenza. Che siamo fatti di sentimenti veri, ed è quella la nostra vera forza. Quando nel pensare a noi stessi pensiamo anche agli altri.
Che poi a voler ben vedere, siamo tutti foglie d’uno stesso ramo, che cerca di resistere al vento.
Nazzareno Condina