L’omosessualità non è una malattia, don Mario
Certe associazioni dicono che l’omosessualità non è una malattia, ma basta pagare e dicono quello che si vuole. Sappiamo bene come le lobby degli omosessuali siano fatte da gente danarosa. Io da cristiano do a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare. Perché a quel punto riconosco a quest’ultimo la sua autorità quando è corretta e legittima. Quando risponde ai disegni universali e considera l’uomo per quello che è, tenendo conto di quello che il Signore ci ha rivelato”. E in una recente intervista aggiunge: “Gironzola nei meandri del Parlamento l’ipotesi di una nuova legge. Legge secondo cui affermare che l’omosessualità non è corretta, o addirittura un’eresia stratosferica o una malattia sarà reato penale, si andrà in galera. Ma per me è sbagliata perché è contro la logica: c’è un problema fisico o psicologico dietro. Per carità, sono persone a cui voler bene, non certo da emarginare, ma vanno aiutate”.
… siamo quasi sicuri don Mario Martinengo – un passato a Casalmaggiore come parroco in quello che fu lo scranno di don Paolo Antonini e di don Alberto Franzini – che tu non volessi pensare quello che hai pensato. Che forse, colto dalla foga del mentre, ti sia sfuggita un’espressione poco felice. Perché malati, al mondo e a maggior ragione in questo periodo ce ne sono tanti: covid a parte, ci si ammala e si muore qualche volta per mali che non hanno cura o la cui cura non sempre funziona. Abbiamo amici che lottano contro una malattia pesante, che affrontano chemio e radio, che hanno famiglie e lavori e che si fanno forza. Altri attaccati ad un respiratore. Malati ce ne sono tanti, di quelli forse ci dovremmo preoccupare. Ma nella categoria dei malati non c’è quella degli omosessuali. Avere una sessualità diversa dalla tua, o dalla nostra, non significa avere qualcosa che non va, significa solo avere qualcosa che va in maniera diversa dalla tua e dalla nostra. Siamo quasi convinti, don Mario Martinengo, che ti sia sfuggito un pensiero in più di quelli che tu volessi in effetti esprimere. Siamo quasi sicuri perché, don Mario, se fossimo sicuri del contrario sarebbe alquanto triste pensare che, agli albori del secondo millennio, ci sia ancora chi crede che l’omosessualità si curi con le preghiere, con lo psichiatra o in nome di un qualche dio…
… dire che un gay è malato, e che per questo deve sottoporsi a cure riparative è discriminare, non riconoscere che una legge contro l’omotransfobia è necessaria, è discriminare. Quando in causa c’è l’amore è ancor più sacrosanto che ognuno possa amare chi vuole, sposare chi vuole e non per questo sentirsi negati diritti civili. Tra due persone adulte e consenzienti, non vi è alcuna malattia, qualunque sia il sesso di chi si guarda negli occhi. Le famiglie arcobaleno non stanno minando la famiglia tradizionale che continua e continuerà ad esistere e il popolo LGBT non è una lobby ma un popolo di cittadini che vive, lavora, paga le tasse, ama e lotta per diritti civili rispetto ai quali l’Italia è indietro mille anni. La chiesa pensi a Dio, pensi ad alleviare le pesantezze, le sofferenze, pensi ad accogliere, pensi a diffondere amore, tolleranza, solidarietà. Gay e lesbiche ci saranno sempre, si ameranno sempre, ‘giaceranno insieme’, formeranno famiglie, seppur sgradite ad alcuni o non riconosciute, e continueranno a sentirsi del tutto normali, come è giusto che sia…
Lorenzo Lupoli, cittadino di Casalmaggiore e presidente di Arcigay La Rocca di Cremona, chiamato da un giornale della bergamasca ha spiegato che: “Purtroppo siamo abituati sia come cittadini omosessuali sia come rappresentanti di associazioni a sentire prese di posizione di questo tipo. Perché queste convinzioni sono ancora diffuse in una buona parte della chiesa cattolica. Don Mario nel suo ruolo fa quello che dice la sua coscienza. L’Organizzazione mondiale della sanità già dal 1990 ha depennato l’orientamento omosessuale dalle patologie del manuale diagnostico degli psichiatri, definendolo invece una variante naturale dell’orientamento sessuale. Non c’è una normativa che legifera su terapie riparative, cui immagino che il sacerdote si riferisca quando parla di “aiutare” i gay. Magari lo dice in buona fede ma queste affermazioni, che possono scivolare addosso a persone già strutturate, possono invece fare danni a chi non ha ancora tutti gli strumenti per una consapevolezza del proprio orientamento o di quello di un figlio; è pericoloso: ci sono ragazzi che ricorrono al suicidio”.
Lorenzo aggiunge di essere certo che il Don in questione sia convinto di essere nel giusto e che non volesse fare male a nessuno, vuole credere che il suo modo di accogliere stia nelle parole “sono persone a cui volere bene, vanno aiutate”; sottolinea inoltre la totale apertura di Arcigay al dialogo, al confronto con chiunque ne senta il bisogno o la curiosità. Lorenzo è stato di una signorilità che gli fa onore. Tolleranza, comprensione, accettazione: perché devono essere così distanti dal messaggio evangelico?
Giovanna Anversa & Nazzareno Condina