Interflumina, i sommersi e i salvati
I sommersi e i salvati: un saggio di Primo Levi enorme, tanto che fa specie paragonarvisi. Là una tragedia umanitaria mondiale, sulla doppia sponda dei campi di concentramento nazisti e dei gulag sovietici; qui una tragedia umana locale, sul piccolo orizzonte di una comunità.
Eppure ci sono sommersi e salvati pure in questa (brutta) storia che arriva da Casalmaggiore, da casa nostra. Del fatto di cronaca si è scritto tutto: una banda di ragazzotti perdigiorno e probabilmente minorenni che, non avendo di meglio da fare, si vota alla delinquenza più becera, devasta l’attrezzatura dell’Atletica Interflumina E’ Più Pomì, mettendo letteralmente a ferro e fuoco (l’incendio s’è mangiato il trattorino tagliaerba e ha fuso i motori dei pulmini, oltre alle aste per il salto con l’asta) il magazzino della meritoria società di atletica leggera.
Non c’è un perché, non c’è un motivo. Tanto che, usando una provocazione, vien da pensare che un furto avrebbe avuto più senso: nelle pieghe ristrette di una mente contorta, rubare significa, se non altro, trarre profitto, avere un guadagno per sé. Qui no, siamo al passo successivo della regressione: distruggere come divertimento, senza pensare alle conseguenze, non tanto in termini sportivi ma sociali. Se fosse un fumetto, dato che chi scrive è patito di Batman, sarebbe come paragonare un criminale mafioso di Gotham City, che cerca di portare qualcosa in tasca, al Joker, schiavo solo della volontà di cedere al caos: delinquere snon per denaro ma per puro compiacimento del sé interiore, della propria follia.
C’è della filosofia pure nella delinquenza ed è la filosofia del nichilismo. Per questo i sommersi, ahinoi, già li conosciamo, pur senza potere snocciolare nome e cognome: sono quei ragazzi, poco importa come si chiamino (anche se sarebbe utile agli inquirenti saperlo) ma sono anche i loro genitori. Non per una morale – tutt’altro che bacchettona – che esige che in fondo, alle 2.30 di notte anche se domani non c’è scuola, un minorenne non dovrebbe essere in giro a scolare superalcolici. Ma perché arrivati a questi punti il progetto di educazione ha già fallito. E di brutto. La prova d’appello? L’aspettiamo sempre, non la vediamo quasi mai. Quel “quasi”, se non altro, ci dà speranza. Ed è un ponte verso i salvati.
I salvati sono i ragazzi dell’Interflumina, dal ragazzo meno ragazzo (anagraficamente) di tutti, Carlo Stassano, il presidente, ai consiglieri, agli atleti, agli iscritti al Camp Estivo: loro sono stati davvero ripescati da quelle fiamme. In attesa di risorgere come la Fenice dalla cenere di un trattore e di alcune aste bruciate, sono rinati nella solidarietà. Salvati dall’aiuto degli altri, certo, ma prima di tutto aiutati da se stessi: l’Interflumina il suo Camp Estivo, non l’ha mai interrotto. E’ andato avanti e lo ha fatto con orgoglio: il giorno stesso del raid vandalico, la mattina è stata spesa per i più giovani, sdoppiandosi e nonostante il dolore per quanto patito rendesse pesante mente e cuore. Poi agli stessi iscritti è stato mostrato l’accaduto, per non celare nulla, perché per imparare è giusto conoscere anche il lato brutto e bruciato della medaglia. I salvati sono quelli che hanno capito e ai quali è stato consentito di farlo.
I salvati sono inoltre coloro che hanno dato una mano: la Vbc ha messo a disposizione un pulmino, alcune società hanno garantito che forniranno le aste del salto con l’asta, il movimento Insieme per l’Atletica ha risposto ad un appello che in verità, probabilmente per pudore, dall’Interflumina non si era mai alzato. La mano è stata tesa – senza che nessuno la chiedesse – da tutta Italia, anche con una raccolta fondi. Ed è su quel ponte di mani – proprio in questi tempi amari in cui, per assurdo, non possiamo nemmeno scambiarci un segno di pace in chiesa – che abbiamo costruito la nostra salvezza, abbiamo ritrovato i nostri salvati.
Il danno rimane, economico e morale, come una cicatrice a imperitura memoria. Di questo raid parleremo ancora tra mesi e anni. Però la ferita è già guarita con l’aiuto di tanti. Abbiamo capito che dei sommersi avremmo fatto volentieri a meno, ma è stato con la loro sgradita presenza, che abbiamo potuto individuare i salvati. E soprattutto abbiamo preso coscienza che no, il Covid-19 non ci ha resi migliori; ma se non altro questo oscuro episodio ha avuto un risvolto di luce: i salvati, stavolta sì, erano in netta maggioranza. E il loro esempio di ripartenza è il faro al quale volgere lo sguardo.
Giovanni Gardani