Giulio Adami, Covid, segno profondo

Attualmente il commercio reduce in parte ( in realtà non siamo ancora totalmente fuori l’emergenza) dalla pandemia Corona Virus presenta ferite che sarà impossibile guarire. I 60/90 gg di quasi assoluta inattività hanno lasciato un segno profondo. I fatturati in generale hanno avuto crolli da tragedia andando da un minimo dell’80/85% fino ad arrivare attorno al 96/98% rispetto a quella che era la situazione normale in assenza di pandemia. Praticamente l’intero settore del commercio è stato pesantemente colpito dalla crisi, alla luce del fatto che è stata imposta la serrata (peraltro giustificata ) a larghissima parte degli esercizi commerciali, eccezion fatta per il comparto alimentare che ha continuato ad operare, alcuni servizi quali la distribuzione di carburanti che tuttavia causa il blocco della circolazione non è riuscito a contenere comunque le perdite e poco anzi pochissimo altro. Certamente il commercio è il settore che maggiormente ha pagato e pagherà pegno a questa situazione drammaticamente reale.
La crisi è superabile? Rispondiamo assolutamente si più affidandoci alla speranza e per non tradire quello spirito e quella volontà imprenditoriale che ha sempre portato i commercianti a lottare contro ogni avversità e credetemi che non sono state poche, sia di bilancia commerciale negativa che di vessazione fiscale che da sempre fustiga la categoria. Verosimilmente parafrasando l’assunto di una nota canzone, ‘life must go on’ quindi ognuno leccandosi e curandosi le proprie ferite lotterà per superare il momento no e continuare. Certo difficilmente non vi saranno conseguenze pesanti.

Lo Stato cosa potrebbe fare? Non spetta certamente e non vogliamo certo essere noi a fornire soluzioni a chi istituzionalmente è chiamato anche a gestire e provare a risolvere situazioni di emergenza quale quella determinatasi con il COVID 19, tuttavia è immediato suggerire che si metta mano ad una defiscalizzazione nei confronti delle imprese (sia chiaro che la liquidità è assolutamente insufficiente in capo a moltissimi esercenti il commercio) quindi sarebbe un atto criminale non riuscire a comprendere l’impossibilità per gli imprenditori commerciali di far fronte a quelli che erano gli obblighi fiscali per altro gia molto pesanti) in clima pre crisi.
Inoltre ricorrendo anche all’indebitamento ‘di stato’ elargire anche attraverso un’analisi attenta ma certamente in tempi rapidi se non rapidissimi (ci si deve dar da fare sul serio e non solo a parole) degli aiuti concreti a fondo perduto oppure con dilazioni molto dilatate nel tempo e a costo zero per permettere agli operatori di avere almeno gli strumenti minimi per poter riprendere il cammino.

Di pari passo con l’amministrazione centrale anche quelle locali per quanto nelle loro ‘reali’ possibilità e con spirito di sacrificio dell’intera comunità dovranno fare la loro parte negli stessi ambiti (fiscalità locale ed incentivi di marketing/promozione attraverso qualsivoglia stimolo promozionale ‘park con gratuità a tempo-voucher di consumo sul commercio locale-estensione dei plateatici a titolo gratuito- etc etc).

Ritengo doveroso sottolineare che per un ritorno alla “normalità” progressiva il ruolo delle botteghe di vicinato è e sarà strategico e assolutamente di primaria importanza perché favorirà nuovamente la ‘socializzazione’ nel rispetto delle regole, socializzazione che in questi mesi è andata quasi totalmente scomparendo. I commercianti dalla loro dovranno ancora una volta dar prova di maturità e responsabilità rispettando quanto suggerito dalla norma per tutelare i propri clienti e se stessi dal punto di vista sanitario, son certo anche che chi potrà non mancherà di attuare politiche commerciali di promozione per andare incontro anche e non solo alla paura e alla diffidenza del consumatore messo cosi a dura prova da quanto accaduto , per far si che via via si superi anche la fase intermedia di stasi per lasciare il posto quanto prima nuovamente alla fiducia e alla ripresa dei consumi in ogni comparto dell’offerta commerciale.

Ai clienti chiediamo solo di avere un po’ di fiducia nel commercio di vicinato nostro casereccio locale, che comunque è sempre quello che alla lunga risponde nel modo migliore al consumatore medesimo tanto in termini di qualità che di professionalità ed assistenza pre durante e post vendita.

Non si tratta di una politica di protezionismo che tra l’altro non vedo come uno scandalo da scomunica ma semplicemente nel contingente di una forma di solidale partecipazione ad uscire fuori da un baratro in cui siamo sprofondati e dal quale stiamo cercando di uscire ognuno per quello e come può.

Tra l’altro mi preme fare una considerazione i grandi colossi del web o della grande distribuzione spesso con ‘identità’ oltre confine operano e guadagnano sul territorio nazionale ma non contribuiscono alla spesa pubblica del nostro Paese tanto quanto invece il piccolo imprenditore commerciale o l’artigiano di bottega hanno sempre fatto storicamente.

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