Lynn Hill, l’arrampicata ‘pura’ al femminile

Chi pensa che l’alpinismo sia una disciplina prettamente maschile cade in un madornale errore e, come abbiamo avuto modo di constatare nel corso di questa rubrica, ci sono, parimenti, tantissime donne che sono forti rappresentanti del settore.

Abbiamo, per esempio, conosciuto due persone meravigliose (Catherine Destivelle e Nives Meroi) che hanno interpretato le salite in montagna a modo loro, come e meglio di tanti alpinisti maschi.

Oggi conosciamo l’immensa figura di Lynn Hill, free climber statunitense, oggi cinquantottenne, che nel corso della sua lunga carriera ha lasciato sicuramente il segno, entrando nell’olimpo dei migliori. Come tanti suoi colleghi iniziò ad approcciarsi al mondo verticale in California: nel tempio dell’arrampicata mondiale per antonomasia, Yosemite, che tante opportunità offre ad alpinisti, climber e trekker di ogni ordine e grado oltre che nel Parco Nazionale di Joshua Tree.

Iniziò ad appena quattordici anni, con la sorella prima e con due amici poi, dopo aver frequentato a scuola corsi di ginnastica artistica e nuoto. Si specializzò sul granito, ma nella metà degli anni ottanta si spostò in Europa (Francia e Italia) dove volle cimentarsi con il calcare.

Nel 1985 partecipò a SportRoccia, competizione internazionale che si svolse a Bardonecchia (TO) e che poi, dopo quattro edizioni, lasciò il posto al Rockmaster di Arco (TN) e successivamente divenne tappa della nascente coppa del mondo di arrampicata sportiva. Quell’anno vinse Catherine Destivelle per la categoria donne ed in giuria fra gli altri sedevano Riccardo Cassin, Manolo ed Heinz Mariacher. Nel 1986, Lynn arrivò seconda dietro alla Destivelle.

Nel 1989 un brusco stop dovuto ad un incidente in falesia a Buoux nel sud est della Francia quando, durante una sosta non si legò correttamente e volò letteralmente al suolo per circa venti metri. La caduta fu attutita dalla folta presenza di alberi e rami e la conseguenza fu “solamente” la rottura di una caviglia. Si riprese fortunatamente senza particolari difficoltà ed andò a vincere la coppa del mondo nel 1990 distinguendosi alle gare di free climbing fino al 1992, vincendo ben cinque edizioni del Rockmaster, di cui ben quattro consecutive.

Successivamente, lasciato il mondo dello sport, si dedicò alle spedizioni ed alle scalate in montagna creandosi un curriculum straordinario. In falesia effettuò la prima salita femminile assoluta della via Masse Critique classificata 8b+ a Cimai (Francia); altrettanto effettuò la prima salita femminile di varie vie negli Stati Uniti di pari difficoltà fino al 2003 dove, a cinquant’anni, ripete Living in Fear situata a Rifle (Usa), anch’essa di difficoltà superiore all’8b. Completò, a vista, la prima salita femminile della storia di un 8a in Frankenjura (Baviera) e 8a+ a Lourmarin in Provenza. In carriera praticò spesso anche il bouldering, attività di arrampicata su massi, detta anche sassismo e, nel 2009, salì a quarantasette anni una difficile via gradata 8A/+.

Negli anni novanta, il suo periodo d’oro, si dedicò anche alle spedizioni ed alle vie lunghe. Importante da ricordare la prima salita in libera di The Nose sulle pareti del temibile El Capitan in Yosemite, impresa fino a quel momento considerata impossibile. La stessa salita la svolse nuovamente, sempre in libera, in meno di ventiquattro ore.

Realizzò spedizioni in Madagascar con Beth Rodden (ex moglie di Tommy Caldwell), diverse prime salite in Kirghizistan e appunto, si dedicò a El Cap con frequenti incursioni in Francia alle gole del Verdon.

Lynn Hill è stata un’atleta old style, molto allenamento (corsa, palestra, arrampicata) e pochi supplementi (integratori e simili) perché li ha sempre considerati irrilevanti a livello fisico.

In una lunga intervista al portale Planetmountain di qualche anno fa dichiarò il suo segreto: “per migliorare le mie capacità io parto da altri presupposti, e mi domando: perché non posso avere un approccio all’arrampicata più intelligente? Dirigere le mie energie in un modo più efficiente? L’idea (e la risposta) è che siamo noi che dobbiamo adattarci alla roccia, non il contrario […] cercando di spingere al massimo le mie percezioni e la mia sensibilità verso la roccia ed il mio corpo. Dosando e trovando la giusta energia, la minima, ad ogni movimento. Il mio motto era: essere paziente e rilassata, sempre! Senza fretta, senza rabbia, perché credo che non abbiano ragione di esistere nell’arrampicata, almeno nella mia. L’effetto che cercavo era la ‘leggerezza’ del tutto. Un’arrampicata smooth; sempre fluida ed in sintonia con la parete. Un movimento totale e armonioso per trovare il ritmo giusto, e non lasciare spazio ad altro pensiero che non fosse quello del gioco di salire. La ricerca insomma, dal mio punto di vista, del perfetto stato di ‘grazia’ dell’arrampicata”.

Dal 2005 organizza i “Lynn Hill Climbing Camp”, seminari di arrampicata che si svolgono negli Stati Uniti e tramite i quali trasmette la propria fondamentale esperienza alle nuove leve del mondo dell’alpinismo giovanile.

Marco Vallari

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