QUANDO IL ROCK È ANCORA (DAL) VIVO
di Dario “Blues Man” Gozzi
Come minacciato in precedenza, tra una sintetica rassegna di alcuni dei concerti ai quali ero presente, che hanno allietato il patrio suolo nella seconda metà dello scorso anno. Già da parecchi anni a Brescia, in località Sant’Eufemia sotto l’egida organizzativa della radio antagonista(un tempo anche di più) Onda d’Urto, si svolge un festival open air che si protrae per settimane, in un ambiente affollato ma estremamente free e dove non manca nessuno genere di conforto.
Tra i numerosi concerti in cartellone, ho assistito molto volentieri il 12 agosto all’esibizione come sempre calorosa e appassionata di FABIO TREVES (anche conosciuto come il Puma di Lambrate, che conosco personalmente da quando venne a suonare alla Festa della Birra di Casoni da me inventata molti anni fa, con aneddoti ed esperienze rimarchevoli, come quando suonò con e per Frank Zappa) e omonima band, un istituzione (come lo era in ambito anglo-americano il leggendario e recentemente scomparso John Mayall) del blues italiano. La sua tenacia nel suonare e propagandare questa emozionale musica dai semplici ma profondi significati, da noi ovviamente non è certo appetibile per la maggioranza uniformata, attratta da ben altre nefandezze, è stata confermata con successo, anche per la sorpresa di una guest star d’eccezione, l’indimenticato sassofonista Lou Marini, protagonista lungocrinito nel film Blues Brothers.
Nonostante l’età il nostro non si è tirato indietro e l’esibizione è stata contraddistinta da un intenso groove che rivisitando i classici ha avuto l’apoteosi finale in una corale e inevitabilmente accompagnata dal pubblico Sweet home Chicago. Due giorni dopo nello stesso posto mi sono beccato un set energetico di hard rock con la band australiana dei WOLFMOTHER che non nasconde di essere debitrice (come non esserlo?) nei confronti dei mostri sacri Zeppelin e Sabbath e richiamando in alcuni frangenti anche i Kiss, gruppo spesso vituperato ma con un vasto repertorio non totalmente disprezzabile. Il due ottobre poi, in quella risaputa roccaforte del rock milanese che è la venue dell’Alcatraz sono sbarcati (per meglio dire atterrati) provenienti dalle lande sudiste degli States e molto atteso dal sottoscritto i BLACKBERRY SMOKE capitanati dal frontman CHARLIE BARR che ha mantenuto quella rotta che contraddistingue il SOUTHERN ROCK dalle altre analoghe modalità espressive. La sapiente miscellanea tra la tradizione country e la implacabile risolutezza del rock elettrico hanno esaltato la fame (e la sete) di un audience calorosamente partecipe e appagata.
Questi sono gli show che alimentano una fiamma per il momento inestinguibile. Ai Magazzini Generali altro presidio alla forte Alamo milanese e costante e convinta resistenza nel nome della musica autenticamente veritiera, si sono esibiti i Crash Test Dummies con professionalità tipica delle formazioni d’oltre oceano con una spontanea e energica predisposizione comunicativa che soddisfa inevitabilmente chi va a vederli on stage. L’espansiva e bravissima violinista dopo l’esibizione si è unita al pubblico a conversare più che amabilmente. Niente fuffa e stronzate. E per finire questa incompleta sequela di live, ecco uno dei miei prediletti WALTER TROUT sopraffino chitarrista di blues elettrico con un curriculum strepitoso, ma con un inconfondibile e fondamentale contributo alle migliori opere di giganti del blues da Mayall, John Lee Hooker, Canned Heat e quant’altri. Qualche anno fa era ormai dato per spacciato e lo aveva non tanto velatamente annunciato nelle liriche del suo ultimo disco. Ma poi è sopravvissuto perché i suoi amici musicisti hanno cacciato i dollari per comprargli un fegato e così ne ha fatto un altro che ha portato dal vivo a Chiari il 30 novembre scorso.
Emozione pura e Blues viscerale. So goes the blues in life time.