Hervé Barmasse, guida del Cervino

Alzi la mano chi, in questo periodo “virulento” non ha pensato nemmeno per un secondo di scappare lontano sui monti. Beh, in realtà qualche furbastro (evito di scrivere l’epiteto che penso realmente) lo ha fatto, fregandosene dei vari divieti e delle precauzioni anche verso chi vive nelle località di destinazione. Però, seriamente: se poteste evadere senza pericolo, dove andreste?

Io ci sto pensando dal primo giorno di questa lunga emergenza e la risposta è “a vedere il Cervino perché non ci sono mai stato”. Il Matterhorn, una piramide di 4478 mt, conquistata per la prima volta da Edward Whimper e oggetto delle fantasie sfrenate di ogni alpinista che si rispetti. Il Cervino, terza montagna italiana per altitudine, situata nelle Alpi Pennine lungo il confine con la Svizzera, attira anche il sottoscritto, nonostante la mia atavica paura per le creste. Il Cervino, una montagna che per salirla occorre affrontare proprio un mucchio di creste, a partire dalla Cresta del Leone, via di accesso alla normale italiana per la vetta. La vetta stessa che è una lunga lama da percorrere in perfetto equilibrio.

Eppure c’è qualcosa di magico in questa cima, talmente affascinante da attirare i migliori scalatori del mondo come Walter Bonatti, Catherine Destivelle, Ueli Steck, Hans Kammerlander, Alessandro Gogna, Hervé Barmasse. Proprio di quest’ultimo vi voglio raccontare: Hervé, valdostano di origine, guida alpina e maestro di sci, forse esempio migliore in rappresentanza di uomini e donne che nell’ultimo secolo hanno affrontato il Cervino. Proprio qui, Barmasse iniziò la sua carriera e, agli inizi del ventunesimo secolo, realizzò varie salite in solitaria.

Hervé, figlio d’arte di Marco Barmasse (quarta generazione di guide alpine della sua famiglia) ha partecipato, e partecipa tuttora, a spedizioni in tutto il mondo, a partire dal famigerato Himalaya dove ha scalato alcune fra le vette più difficili, aprendo nuove ed impegnative vie. La sua attenzione però non è focalizzata solo sui grandi classici ma la sensibilità alpinistica di questo scalatore lo porta a frequentare insieme a Cristian Brenna (altro climber contemporaneo di fama internazionale) anche luoghi storici come la Patagonia, di recente riportata all’attenzione dei media per le spedizioni di Alex Honnold e dei Ragni di Lecco che hanno concatenato diverse cime in loco solo nell’ultimo mese appena trascorso. Hervé alterna spedizioni nel sud del mondo a spedizioni sul tetto del medesimo: insieme a colleghi come Simone Moro, ha portato a termine varie salite in Pakistan e Argentina.

In Pakistan, in particolare ha partecipato alla fondazione della Shimshal Climbing School, primo istituto nel suo genere che istruisce i portatori d’alta quota aprendo i corsi per la prima volta anche alle donne e formando gli iscritti sulle tecniche di progressione su roccia e ghiaccio in sicurezza. Al contempo, insieme al medico di Aosta Marco Cavagna, si è prodigato per affrontare i problemi sanitari della zona. Hervé scala tantissimo, frequenti sono le sue imprese e fra i compagni di cordata figura anche il padre che apre insieme a lui una via nuova sulla parete sud dell’amato Cervino, una via che prende il nome di “Couloir (Canalone) Barmasse” e si snoda lungo 1200 mt di salita.

Sempre sul Cervino ha dato vita al progetto “Exploring the Alps” che prevedeva l’apertura di nuove vie su tre fra le cime alpine più significative: il Cervino appunto, con un’ulteriore nuova via sulla parete sud-est; il Monte Bianco dove ha aperto “La classica moderna” sulla cresta di Brouillard utilizzando soltanto quattro chiodi ed arrivando direttamente in vetta; Il Monte Rosa dove insieme al padre ha aperto “Viaggio nel Tempo”, itinerario sulla parete sud-est della Punta Gnifetti lato Valsesia, al termine del quale si giunge a poca distanza dalla Capanna Regina Margherita, il rifugio più alto d’Europa, situato all’altitudine record di 4554 mt. Alla fine, di questo progetto Barmasse ne ha ricavato un film, presentato nel 2012 al Trento Film Festival ed intitolato “Non così lontano”. Nel 2014 ha realizzato il concatenamento delle quattro creste del Cervino in velocità, risalendole e discendendole nel tempo record di diciassette ore, il tutto percorso in solitaria. Nel 2017 è tornato in Himalaya ed ha realizzato la scalata (in completo stile alpino) della parete sud dello Shishapangma (8027 mt) salendo in una sola giornata, senza corde fisse, senza campi intermedi i 2200 metri che costituiscono l’altezza della parete in sole tredici ore.

Hervé Barmasse è un uomo dei record che ama talmente l’alpinismo da considerarlo non solo una passione, ma un completo stile di vita, quella vita di una normalissima guida alpina che non si dedica esclusivamente alle imprese estreme. Assai affabile, lo si può vedere spesso d’inverno ad accompagnare clienti a fare scialpinismo e durante le escursioni, anche le più semplici, ama fotografare. I suoi scatti vengono pubblicati quotidianamente sulle sue frequentatissime pagine di Facebook e Instagram e sono accompagnati da profonde riflessioni sulla natura e sull’animo umano. Proprio in questi giorni di Emergenza Coronavirus, Hervé ha pubblicato una riflessione molto intelligente e che va assolutamente ricordata: “Ognuno di noi nella propria vita lascia, nel bene o nel male, una traccia: non c’è bisogno di gesti eroici, bastano piccole azioni che alla maggior parte delle persone parranno sciocchezze, inutilità.

Come scalare le montagne. Ma sono quelle cose di poco conto per gli altri, e per noi d’importanza vitale, quelle in cui noi crediamo, alle quali diamo un senso, a rendere la nostra vita differente, unica. A regalarci la felicità.” Quando ho scritto queste parole in La montagna dentro (Ed. Laterza 2017, ISBN 9788858119648), pensavo all’incredibile opportunità che mi è stata data quasi 42 anni fa, e che si chiama vita. Un continuo divenire ricco di emozioni (non sempre positive) che lascia la possibilità ad ognuno di noi di esprimerci. Di essere noi stessi. E poco importa se dalle altre persone a volte riceveremo pacche sulle spalle e altre volte bastonate. Se rispettiamo il prossimo e non offendiamo nessuno, vale sempre la pena di accettare qualsiasi tipo di sfida che la vita ci mette davanti. E soprattutto porci degli obiettivi che per noi sono importanti. Alla luce dell’emergenza di queste settimane credo siano parole importanti: se rispettiamo il prossimo vale sempre la pena.

Marco Vallari

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