Dal sud in Svizzera, sino a Casalmaggiore
Ci sono storie che mi piace raccontare, storie che vengono da lontano, che fanno chilometri di strada, ma che sono anche storie di casa nostra. Se poi è l’amore il filo che le congiunge la tela che ne esce è sempre preziosa.
Era il 1954 quando Romano, a causa della distruzione e della miseria causate dalla guerra, lascia l’alto casertano e si trasferisce in Svizzera con l’intento di ricostruirsi una vita e un futuro fatti di lavoro e certezze; lo stesso farà Gerarda due anni dopo lasciando la sua Salerno. Entrambi approdano a Thun, città appoggiata sul omonimo lago nel canton Berna. Per assicurarsi una permanenza che non fosse solo turistica, Romano dovette cercare in fretta un lavoro, il cui contratto gli avrebbe garantito il permesso di soggiorno.
Inizialmente trovò impiego in un Hotel / Ristorante dopo un colloquio direi quasi da commedia all’italiana. La titolare dell’Hotel ovviamente parlava solo svizzero-tedesco e francese per cui capirsi fu una impresa pressoché titanica. La Signora riuscì con fatica, a far intendere a Romano che la sera sarebbe rientrato dal lavoro un italiano, residente in Svizzera da due anni, che li avrebbe aiutati facendo loro da interprete.
L’altro signore in questione però veniva dalle montagne bergamasche mentre Romano dal casertano pertanto uno parlava il dialetto bergamasco e l’altro il ciociaro campano, risultato ….. impossibile capirsi con lo stupore della titolare dell’Hotel a cui Romano, dopo vari tentativi, disse: “A Signò, mejo che parlo con Voi, io a chisto nun lo capisco!!”. Fu assunto, imparò piano piano lo svizzero-tedesco e divenne amico del bergamasco con cui comunicava prevalentemente in tedesco.
Questa era l’Italia del dopo guerra, in ogni regione anzi, in ogni provincia si parlavano lingue autoctone e dialetti, l’italiano era un pregio di pochi: medici, professori, militari e funzionari. Il tempo passa e per Romano la Svizzera diventa una seconda patria; una sera, una delle tante, in una sala da ballo frequentata da italiani incontra Gerarda, salernitana, occupata in una fabbrica che produceva scatole per conserve.
Si innamorano, Romano fa le scuole serali e diventa capo tecnico nella stessa fabbrica dove lavora lei, nel 1960 si sposano. Hanno due figli, maschio e femmina che crescono e si formano a Thun. Il maschio, classe ’63, si fidanza e si sposa con una ragazza, anch’essa figlia di mi migranti italiani, per l’esattezza abruzzesi e anche loro hanno due figli.
Sono gli anni 80/90, gli anni in cui tante persone si trasferiscono all’estero, non tanto per necessità, ma per la voglia di fare nuove esperienze, voglia che contagia anche loro. Così, intanto che bambini sono piccoli e non c’è ancora il problema di doverli sradicare, decidono di venire in Italia con l’intenzione di rimanervi due/tre anni. Lui, perito, trova impiego in una azienda del parmigiano dove riesce a fare una carriera veloce.
Decidono di stabilirsi a Casalmaggiore, che trovano essere una cittadina bella e vivace, e lei trova impiego in una azienda locale. I due/tre anni pronosticati diventano così una scelta di vita e Casalmaggiore sarà la città in cui cresceranno i figli ed apriranno una splendida bottega.
“Quando sei costretto a migrare, fai fatica ad integrarti su tutti fronti, se invece lo fai per scelta o per piacere, ti viene semplice, automatico e ti senti figlio di due terre in egual misura”. (Genni e Gabri)
Loro sono i nostri concittadini Gennaro e Gabriella, che portano il nome rispettivamente dei Santi di Napoli e di Teramo da cui partono le loro origini, e che oggi sono al tempo stesso italiani, svizzeri e casalaschi.
Giovanna Anversa