8 MARZO: CAPITAN PINCERATO CHIEDE PIU’ DIRITTI PER LE DONNE

(le foto sono di Tiziana Bettinelli)
Otto marzo, Festa della Donna, è l’occasione per fare quattro chiacchiere con la capitana della Volleyball Casalmaggiore, Giulia Pincerato, sul ruolo della donna nello sport e sui cambiamenti che ci sono stati negli ultimi anni. Pincerato è una giocatrice professionista di 37 anni e ha calcato i più importanti palcoscenici del volley italiano e internazionale; nel suo palmares una Coppa Italia di A2, la vittoria ai Campionati europei juniones, una Challenge Cup e un oro alle Universiadi.

Per una donna è facile fare sport? “Fare sport non vi è alcuna differenza tra uomini e donne in Italia. Le strutture ci sono e le società giovanili e professionistiche non mancano di certo. Per le donne le difficoltà arrivano quando si finisce di fare sport e si vuole passare a fare il dirigente o l’allenatore. Nella pallavolo non c’è un solo primo allenatore in Serie A1 e A2 che sia una donna. Conosco solo Elisa Cella che a Brescia è secondo allenatore in A2, il resto sono tutti maschi”.

Anche a livello dirigenziale una donna non trova spazio? “Lo dicono i numeri. Presidenti donne in Serie A ci sono la Marzari a Milano e la Gabbana a Modena, poi basta. Anche a livello di dirigenti non conosco un direttore generale o un direttore sportivo femmina”.

Che motivazione ti dai? “E’ brutto dirlo ma siamo abituati così, per cultura, per abitudine. Si pensa forse che un uomo abbia più carisma, più carattere e capacità di guida. Qualcosa sta cambiando, soprattutto a livello giovanile ma siamo ancora lontani anni luce da una vera parità. Con piacere riscontro che nei settori giovanili di volley sia maschile che femminile cominciamo ad avere donne allenatrici e queste sono le basi per cambiare, ma serviranno ancora tanti anni”.

Sei mai stata allenata da una donna? “L’unica volta avevo 13 anni ed era una seconda allenatrice che aiutava un allenatore. A me piacerebbe intraprendere la carriera di allenatore e ci sto pensando seriamente, ma so che non sarà facile. Vedo che alcune colleghe ci hanno provato ma quando un’atleta lascia lo sport professionistico pensa a costruirsi una famiglia e a fare figli e a questo punto il tempo e le opportunità in palestra sono poche”.

Nel casalasco abbiamo un bell’esempio di allenatrice di volley in Valeria Magri. “So chi è e la conosco di vista. So che all’Esperia Cremona ha vinto il Campionato di B1 ed ha allenato in A2. Ora è prima a Ostiano in B1. Sono molto contenta per lei, così come per Benelli, Vannini, Cella e Centoni, le uniche donne che sono state alla ribalta nazionale come allenatrici”.

Come giocatrice, invece, rispetto ai colleghi maschi rimangono ancora grandi diversità di stipendi? “Devo dire che negli ultimi anni il gap si è ridimensionato grazie anche ai successi ottenuti dalle squadre italiane di volley femminile e soprattutto alla Nazionale di Velasco. Anche tra le donne ci sono picchi di stipendi importanti, pari a quelli maschili, ma questa parità è stato il mercato a decretarla, considerato che i palazzetti delle grandi squadre di Serie A1 sono quasi sempre pieni. E’ aumentato l’interesse e di conseguenza anche gli stipendi. Mi fa piacere ricordare che solo da pochi anni siamo anche riuscite ad ottenere oltre al professionismo e al pagamento dei contributi anche una indennità in caso di gravidanza durante la Stagione Sportiva. Prima la giocatrice che rimaneva incinta smetteva di giocare e non aveva alcun sussidio ne compenso”.

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