50 anni fa moriva Angelo Bergamonti

Domenica di Pasqua, 4 aprile, ricorrono i 50 anni dalla tragica morte del pilota gussolese Angelo Bergamonti sul circuito cittadino di Riccione. Una data che rimane impressa nella storia del motociclismo mondiale, innanzitutto per la scomparsa di un amatissimo centauro che in quegli anni divideva la scena con il mitico Giacomo Agostini, entrambi in sella alle MV Agusta 350, e poi perché, di fatto, l’incidente occorso a Bergamonti portò a chiudere l’epoca delle gare nei centri abitati (un po’ come nel 1957 era avvenuto con lo stop alla 1000 Miglia a seguito della tragedia di Guidizzolo di Mantova, dove il pilota spagnolo Alfonso de Portago, dopo aver forato uno pneumatico della sua Ferrari 335S, era finito sulla folla assiepata ai bordi della strada statale e uccise 7 spettatori, oltre allo stesso de Portago e al suo copilota statunitense Edmund Gurner Nelson).

A Riccione il 4 aprile del 1971 si correva una delle corse della Mototemporada romagnola, seguitissime gare motociclistiche che dal dopoguerra si disputavano nei principali centri marinari come Milano Marittima, Cesenatico, Rimini, Cattolica e appunto Riccione. Erano solitamente i Motoclub locali che si occupavano dell’organizzazione, spesso con mezzi di fortuna e con misure di sicurezza rappresentate il più delle volte da balle di paglia collocate nelle curve e nei punti critici. Col passare degli anni queste gare erano diventate valevoli per il Campionato italiano e addirittura per il mondiale. Era un motociclismo romantico nel quale il primo talento era il coraggio e ad Angelo Bergamonti di certo non mancava. Nella sua carriera aveva inanellato varie vittorie, non solo nelle gare in circuito ma anche in cronoscalate (vinse due titoli italiani), utilizzando modelli di varie case, in particolare Moto Morini, Aermacchi, Paton, LinTo e MV Agusta. Proprio di quest’ultima casa era stato ingaggiato quale collaudatore per lo sviluppo del prototipo “350 sei cilindri” e pilota ufficiale al fianco di Giacomo Agostini, nel motomondiale 1970. In quella stagione Bergamonti raccolse i successi più importanti, conquistando 2 vittorie in occasione del Gran Premio motociclistico di Spagna, nella Classe 350 e nella Classe 500.

Quel 4 aprile 1971 era la domenica delle Palme e gli alberghi della riviera romagnola da alcuni giorni registravano il tutto esaurito proprio per la presenza degli appassionati delle rombanti due ruote. Per tutta la settimana precedente un bellissimo sole aveva scaldato i primi giorni di primavera e anche le prove ufficiali del sabato si erano tenute sotto un cielo sereno, con oltre 15mila persone assiepate lungo i viali di Riccione. La domenica, giorno della gara, gli spettatori erano oltre 50mila e tre milioni coloro che invece erano davanti ai televisori della Rai che in diretta trasmetteva l’evento. Ma dal mattino le nuvole nere avevano cominciato a far capolino dal mare e il vento forte, quasi una bora, le faceva volare sempre più minacciose. Quando alle 15,00 i piloti sono sulla linea di partenza piove a dirotto al punto che il direttore della corsa si sente in dovere di fare un richiamo alla prudenza, ma nessuno pensa minimamente a fermare l’evento: già in passato si era corso sotto diluvi e le condizioni avverse tante volte avevano fatto diventare le sfide ancora più epiche.

Quindi, si parte: motori spenti e quando la bandiera a scacchi scende i piloti spingono a mano le loro moto per farle accendere. Agostini prende subito la testa mentre la MV Agusta di Bergamonti si accende un attimo più tardi, quanto basta per metterlo nel gruppo che si muove sotto una fitta nebbia provocata dalla pioggia alzata dalle ruote. Ma a lui bastano poche curve per farsi largo, con quel coraggio che certo non gli mancava, e mettersi nella scia del compagno di scuderia, avanti di 6 o 7 secondi.

La folla segue l’avvincente sfida sotto gli ombrelli e quando Agostini e Bergamonti sfrecciano alzando una nuvola d’acqua un boato si alza verso il plumbeo cielo. Ogni giro il vantaggio di Agostini si assottiglia e al sesto round il pilota gussolese realizza il record della gara: ormai Ago è lì davanti e a oltre 200 km all’ora i pochi metri sono davvero attimi. Ma la tragedia si consuma verso il termine del settimo giro, alla fine del rettilineo che con una rotonda si immette sul traguardo: Bergamonti ritarda il più possibile la staccata per guadagnare ancora sul battistrada ma quando tocca i freni si trova su una grande pozzanghera che lo tradisce. La moto si mette di traverso e ai 200 all’ora inizia una carambola pazzesca con il gussolese che viene sbalzato alla sella e prima finisce contro un palo di ferro e poi termina una strisciata sull’asfalto a oltre 100 metri, contro un cordolo di cemento.

I soccorsi arrivano subito e con un’autolettiga dell’Esercito Bergamonti viene portato prima all’ospedale Ceccarini di Riccione e poi, viste le condizioni disperate, al più attrezzato “Bellaria” di Bologna. Alle 23,45 il cuore del 32enne Angelo Bergamonti cessa di battere e la notizia verrà data a milioni di appassionati in lacrime dai giornaliradio del primo mattino. La tragedia di Riccione ha una eco mondiale e da quel 4 aprile 1971, non senza polemiche, inizia la chiusura dei circuiti cittadini

Sul libro di Luca Delle Carri “Matti dalle gare” Giacomo Agostini commenta così quella tragica gara: “È stata una tragedia. Io sono partito in testa, ho preso un vantaggio di alcuni secondi. Pioveva, era pericolosissimo, sembrava di andare sul ghiaccio. Mi sono calmato un attimo, visto che aveva un vantaggio. Invece di calmarsi anche lui, ha voluto venire a prendermi. Mi ha preso un secondo o due, forse tre. È arrivato a cinque secondi. Io ho reagito di nuovo. Pensavo: “È così pericoloso, gli ho dimostrato che vado via, perché tira? Ho riaperto, ho ricominciato ad andare al ritmo che avevo all’inizio, e allora lui purtroppo è scivolato. È stata una fatalità, perché è scivolato, e quel giorno potevo scivolare anch’io”.

redazione

 

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